Marcelo Chirico aveva previsto tutto sulla vicenda legata alla squalifica di Lukaku, graziato dalla FIGC di Gravina.
“Tanto ora ci penserà Gravina a sistemare tutto con la grazia…Perché in Italia prevale sempre il mainstream, il “sentimento popolare” declinato su tutto, anziché i fatti”, ha scritto il giornalista su Twitter. Detto, fatto!
“Curva Sud dell’Allianz Stadium aperta, Lukaku squalificato. E il popolo del mainstream è subito insorto gridando allo scandalo. A trainare l’indignazione generale ha contribuito anche il polemico comunicato dell’ Inter, col quale la società ha voluto immediatamente “manifestare il suo grande dispiacere nel prendere atto che la vittima è diventata colpevole”. Per la cronaca, il club aveva presentato ricorso nei confronti della squalifica e se lo è visto respingere. Da qui l’irritazione.
I fatti sono noti: il giocatore belga segna al 94° il rigore del pari nella semifinale d’andata di Coppa Italia contro la Juve, esulta in modo provocatorio sotto la curva juventina e si prende il secondo giallo. Per somma di ammonizioni viene quindi espulso, dopodiché va ad accapigliarsi con Cuadrado, che riceverà pure lui un rosso per la zuffa successiva con Handanovic. A fine partita l’Inter fa sapere che il proprio giocatore aveva reagito in quel modo perché era stato bersagliato da insulti razzisti durante la gara, e andava quindi giustificato”.
Il belga lo aveva riferito ai propri dirigenti, ma non all’arbitro a partita in corso. L’avesse fatto, si sarebbe immediatamente avviata la procedura di dissuasione attraverso lo speaker dello stadio. Perché non lo ha fatto? Dovrebbe spiegarlo Lukaku. Che in effetti quella sera era stato preso di mira da un gruppetto marginale di tifosi della curva ma non dall’intero settore, al quale infatti è stata annullata la squalifica di una giornata.
Giusto colpire in modo severo e chirurgico i veri colpevoli: pochi imbecilli, alcuni dei quali già individuati e daspati (grazie alla collaborazione di Juventus FC, che ha così favorito la cancellazione della squalifica) a fronte di migliaia di persone.
Ma il seguaci del politically correct e le mosche cocchiere del mainstream questa decisione non l’hanno gradita, perché la pensano tutti come l’Inter: Lukaku è stata la vittima e andava assolto. A prescindere. Anzi, se ti permetti di contestare, razzista ci diventi pure tu.
Mentre in questo caso, a fronte – ribadisco – di un manipolo di idioti assiepati in curva, la colpa ce l’ha Lukaku, e neanche poca. Entrato in campo quella sera bellicoso e subito protagonista di un’entrata a piedi uniti su Gatti, reo di avergli portato via il pallone. Un brutto fallaccio di frustrazione ( o vendetta) punito dall’arbitro col cartellino giallo, che a tanti sembrò subito troppo poco. Dopodiché il giocatore ha proseguito con un serie di atteggiamenti sopra le righe per il resto della partita. Fino all’episodio del rigore, dove ha concluso in bellezza la sua performance con un’esultanza provocatoria verso la curva juventina. “Esulta sempre in quel modo”, si, ma stavolta la mimica è stata pure accompagnata da una serie di urla all’indirizzo dell’intera curva che lo aveva fischiato durante l’esecuzione del penalty, come avviene di prassi in tutti gli stadi per qualsiasi avversario che calci un rigore.
Si è voluto riportare il tutto alla voce razzismo, ma stavolta c’entra marginalmente: Lukaku ha sfoggiato il peggio di se in campo e si è meritato l’espulsione. Come altrettanto se la sono cercata e meritata Cuadrado e Handanovic. Usare la scusa degli insulti razzisti, partiti da 4 scemi, per passare come vittima e provare così a cancellare la squalifica non depone di certo a favore suo e tanto meno del club che lo ha assecondato in questa ricostruzione. Perché sa tanto di furbata. E i furbacchioni piacciono poco, a prescindere dal colore della loro pelle.