Saranno un mese cruciale per la Juventus: lunedì 27 marzo verrà celebrata l’udienza preliminare dell’Inchiesta Prisma, quando il Gup Marco Picco dovrà in primo luogo esprimersi sul tema della competenza territoriale, dal momento che i legali della difesa – alla luce della contestazione di reati che comprendono anche l’aggiotaggio – hanno chiesto uno spostamento del processo a Milano, dove ha sede la Borsa, o in seconda battuta a Roma, dove si trovano materialmente i server di Piazza Affari. Allo stato attuale è decisamente improbabile l’opzione capitolina, meno quella meneghina.
Tuttosport tra le sue colonne fa sapere che “secondo quanto filtra dai corridoi tra le aule, potrebbe infatti consigliare” al giudice “di passare la “patata bollente” alla Corte di Cassazione, in ossequio a un nuovo istituto introdotto dalla recente Riforma Cartabia al fine di “dar vita a un meccanismo, ispirato a obiettivi di efficienza e di ragionevole durata, volto a porre il processo in sicurezza da questioni relative alla competenza”. E in modo tale da “evitare casi, che si sono verificati, in cui l’incompetenza, tempestivamente eccepita, è stata riconosciuta fondata solo in Cassazione, con conseguente necessità di dover iniziare da capo il processo”. Un’eventualità che dunque può già essere esclusa per l’Inchiesta Prisma, in cui tutt’al più – giust appunto – la Corte di Cassazione verrà interpellata prima di passare dal via. Un passaggio che allungherebbe i tempi dell’iter giudiziario, dato che sarebbero necessari tra gli uno e i tre mesi per arrivare a un verdetto.
Inoltre tali “tempi subirebbero una frenata ancor più rilevante – naturalmente – qualora il processo venisse effettivamente trasferito in altra sede. In questo caso, infatti, i pm – verosimilmente di Milano – dovrebbero prendere possesso del lavoro svolto dai colleghi torinesi e far propri tutti gli incartamenti prima di istituire le tappe successive.