Andrea Bosco, giornalista di Tuttojuve, svela alcuni retroscena sulla rinuncia della Juventus a proseguire la causa su Calciopoli:
“Dopo 17 anni la Juventus ha deciso di chiudere la vicenda “Calciopoli“ evitando di ricorrere al Consiglio di Stato. Ti spiegano che dopo la sentenza della Cassazione, quel ricorso sarebbe stato inutile. Quello che non spiegano è che nell’accordo che ha visto la Juventus patteggiare per la vicenda plusvalenze, c’erano tre condizioni ineludibili: ripudiare la Superlega, non ricorrere al Tar e rinunciare a qualsiasi altra azione legale nei confronti della Figc”.
“Guido Rossi calpestò l’equità. Ma il responsabile della quasi ventennale pochade si chiama Giancarlo Abete. L’uomo che “decise di non decidere“. Ti spiegano che i problemi da risolvere sono i 75 milioni di perdita secca solo nell’ultimo trimestre: non la malinconica ricerca della giustizia”.
Poi l’affondo: “Hanno ragione. Ma si dimenticano di dire che anche tra gli scranni della Cassazione sotto alla toga si indossa una maglietta calcistica”.
“La indossano nelle procure. La indossano nella Commissione Antimafia. La indossano al Collegio di Garanzia del Coni. Il dovere era quello di battersi fino alla morte. Persino vedendo le Procure (ordinarie e federali) latitanti sulle altrui plusvalenze“.
“Ora, per coerenza, facciano un comunicato con un numero: “36“ . Questa Juventus, compromessa con la Federazione, ha smesso di combattere. Conosco qualcuno che non si sarebbe sacrificato, come fecero quegli eroici spartani. Si sarebbe sottomesso“.