Il parere non vincolante dell’avvocato generale della UE Athanasios Rantos sul caso Superlega può avere un suo peso nella decisione che dovrà prendere in piena indipendenza la Corte di Giustizia quando dovrà dirimere giuridicamente la controversia tra Superlega e Uefa.
Queste sono le conclusioni ufficiale: “Sebbene la Superlega sia libera di istituire la propria competizione calcistica indipendente al di fuori dell’ecosistema della UEFA e della FIFA, tuttavia essa non può, contemporaneamente all’istituzione di una competizione siffatta, continuare a partecipare alle competizioni calcistiche organizzate dalla FIFA e dalla UEFA senza la previa autorizzazione di tali federazioni”.
Ecco il documento con tutte le conclusioni:
“La Fédération internationale de football association (FIFA), ente di diritto privato svizzero, costituisce l’organo esecutivo mondiale del calcio il cui scopo consiste, in sostanza, nel promuovere il calcio e nell’organizzare le sue competizioni internazionali”.
“L’Unione Europea delle Federazioni Calcistiche (UEFA) è anch’essa un ente di diritto privato svizzero che costituisce l’organismo direttivo del calcio a livello europeo. Conformemente ai rispettivi statuti, la FIFA e la UEFA detengono il monopolio per l’autorizzazione e l’organizzazione delle competizioni internazionali di calcio professionistico in Europa”.
“La European Super League Company (ESLC) è una società di diritto spagnolo composta da prestigiosi club calcistici europei, il cui progetto consiste nell’organizzare la prima competizione europea annuale di calcio chiusa (o «semi-aperta»), denominata «European Super League» (ESL), la quale esisterebbe indipendentemente dalla UEFA ma i cui club continuerebbero a partecipare alle competizioni calcistiche organizzate dalle federazioni nazionali di calcio nonché dalla UEFA e dalla FIFA”.
“In seguito all’annuncio dell’istituzione dell’ESL, la FIFA e la UEFA hanno pubblicato una dichiarazione con la quale hanno manifestato il loro rifiuto di riconoscere tale nuova entità. Esse hanno inoltre avvisato che qualsiasi giocatore o club partecipante alla nuova competizione sarebbe stato espulso da quelle organizzate dalla FIFA e dalle sue confederazioni“.
“Ritenendo che il comportamento della FIFA e della UEFA debba essere qualificato come anticoncorrenziale e incompatibile con il diritto della concorrenza dell’Unione nonché con le disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà fondamentali, l’ESLC ha adito lo Juzgado de lo Mercantil de Madrid (Tribunale di commercio di Madrid, Spagna)”.
“Tale giudice chiede alla Corte di pronunciarsi sulla conformità con il diritto dell’Unione e in particolare con le disposizioni relative al diritto della concorrenza (articoli 101 e 102 del Trattato FUE) nonché con le libertà fondamentali (articoli 45, 49, 56 e 63 del Trattato FUE) di talune disposizioni statutarie della FIFA e della UEFA e dei moniti o delle minacce di sanzioni da parte di tali federazioni”.
Nelle conclusioni presentate in data odierna, l’avvocato generale Athanasios Rantos propone alla Corte di rispondere che:
“le norme della FIFA e della UEFA che sottopongono a previa autorizzazione qualsiasi nuova competizione sono compatibili con il diritto della concorrenza dell’Unione. Tenuto conto delle caratteristiche della competizione, gli effetti restrittivi derivanti dal sistema sono inerenti e proporzionati al fine di conseguire gli obiettivi legittimi connessi alla specificità dello sport che la UEFA e la FIFA perseguono;
le norme dell’Unione in materia di concorrenza non vietano alla FIFA, alla UEFA, alle loro federazioni o alle loro leghe nazionali di minacciare sanzioni nei confronti dei club affiliati a dette federazioni qualora questi ultimi partecipino a un progetto per l’istituzione di una nuova competizione che rischierebbe di pregiudicare gli obiettivi legittimi perseguiti da tali federazioni di cui essi sono membri;
le norme dell’Unione in materia di concorrenza non ostano alle restrizioni, nello statuto della FIFA, riguardanti la commercializzazione esclusiva dei diritti relativi alle competizioni organizzate dalla FIFA e dalla UEFA nei limiti in cui tali restrizioni sono inerenti e proporzionate al perseguimento degli obiettivi legittimi connessi alla specificità dello sport;
il diritto dell’Unione non osta agli statuti della FIFA e della UEFA che prevedono che l’istituzione di una nuova competizione calcistica paneuropea tra club sia subordinata a un sistema di previa autorizzazione, nei limiti in cui siffatto requisito è appropriato e necessario a tal fine, tenuto conto delle particolarità della competizione prevista.
L’avvocato generale presenta alcune osservazioni preliminari in merito al rapporto tra lo sport e il diritto dell’Unione. Rileva anzitutto che la consacrazione della particolarità dello sport e il suo inserimento nell’articolo 165 TFUE ad opera del Trattato di Lisbona sono stati il risultato di un’evoluzione incoraggiata e promossa dalle istituzioni dell’Unione. L’articolo 165 manifesta il riconoscimento «costituzionale» del «modello sportivo europeo», caratterizzato da una serie di elementi che si applicano a varie discipline sportive sul continente europeo, tra cui il calcio.
Tale modello si fonda, in primo luogo, su una struttura piramidale con, alla base, lo sport dilettantistico e, al vertice, lo sport professionistico. In secondo luogo, tra i suoi obiettivi principali figura quello di promuovere competizioni aperte, accessibili a tutti in virtù di un sistema trasparente nel quale la promozione e la retrocessione mantengono un equilibrio competitivo e privilegiano il merito sportivo, che costituisce a sua volta un elemento essenziale di detto modello. Quest’ultimo si basa, infine, su un regime di solidarietà finanziaria, che consente di ridistribuire e di reinvestire i ricavi generati dagli eventi e dalle attività, dal vertice ai livelli inferiori dello sport.
L’articolo 165 TFUE è stato introdotto proprio in ragione del fatto che lo sport costituisce, al contempo, un settore nel quale viene esercitata un’attività economica significativa. Detta disposizione mira ad evidenziare il particolare carattere sociale di tale attività economica, che è idoneo a giustificare una differenza di trattamento sotto alcuni aspetti.
L’articolo 165 TFUE può fungere da norma nell’interpretazione e nell’applicazione delle disposizioni del diritto della concorrenza al settore sportivo. Esso costituisce quindi nel suo ambito una disposizione specifica rispetto alle disposizioni generali degli articoli 101 e 102 TFUE, che trovano applicazione a qualsiasi attività economica.
Sebbene le caratteristiche peculiari dello sport non possano essere invocate per escludere le attività sportive dall’ambito di applicazione dei Trattati UE e FUE, ivi comprese segnatamente le disposizioni relative al diritto della concorrenza, i riferimenti alle caratteristiche specifiche e alla funzione sociale ed educativa dello sport, che figurano all’articolo 165 TFUE, possono essere rilevanti ai fini, in particolare, dell’analisi, nel settore sportivo, dell’eventuale giustificazione oggettiva delle restrizioni alla concorrenza o alle libertà fondamentali.
L’avvocato generale sottolinea che il solo fatto che lo stesso ente svolga nel contempo le funzioni di regolatore e di organizzatore di competizioni sportive non implica, di per sé, una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione. Inoltre, il principale obbligo gravante su una federazione sportiva che si trova nella situazione della UEFA è garantire che i terzi non siano indebitamente privati di un accesso al mercato al punto che la concorrenza sudetto mercato ne risulti falsata.
Secondo l’avvocato generale, quand’anche le norme in discussione nel procedimento principale vertenti sul sistema di previa autorizzazione possano avere per effetto di limitare l’accesso dei concorrenti della UEFA al mercato dell’organizzazione delle competizioni calcistiche in Europa, tale circostanza, supponendola dimostrata, non implica manifestamente che dette norme abbiano per oggetto di restringere la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.
Le misure disciplinari che sembrano essere state previste dalla UEFA, ivi comprese le minacce di sanzioni nei confronti dei partecipanti all’ESL, sono idonee ad incidere sulla disponibilità dei club e dei giocatori necessari per costituire tale nuova competizione e pertanto a chiudere il mercato dell’organizzazione delle competizioni calcistiche in Europa a un potenziale concorrente.
Per esulare dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, le restrizioni causate dalle norme in questione devono inerire al perseguimento di obiettivi legittimi ed essere proporzionate ad essi, senza andare oltre quanto necessario per raggiungerli. A tale proposito, l’avvocato generale ritiene che il mancato riconoscimento da parte della FIFA e della UEFA di una competizione sostanzialmente chiusa quale l’ESL possa essere considerato inerente al perseguimento di taluni obiettivi legittimi, in quanto mira a mantenere i principi della partecipazione basata sui risultati sportivi, delle pari opportunità e di solidarietà sui quali si fonda la struttura piramidale del calcio europeo nonché a contrastare fenomeni di doppia appartenenza.
Tenuto conto della sua posizione dominante in quanto unica organizzatrice di tutte le grandi competizioni calcistiche interclub a livello europeo, la «responsabilità particolare» che incombe alla UEFA, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, risiede proprio nel fatto che essa è tenuta a garantire, allorché esamina le richieste di autorizzazione di nuove competizioni, che i terzi non siano indebitamente privati di un accesso al mercato.
Per quanto riguarda l’applicabilità delle esenzioni e delle giustificazioni concorrenziali «classiche», l’avvocato generale rileva che spetta alla parte cui è addebitata una violazione delle regole di concorrenza fornire la prova che il suo comportamento soddisfa le condizioni che consentono di considerarlo compreso nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE o che esso è oggettivamente giustificato alla luce dell’articolo 102 TFUE. Constata tuttavia che, nella fattispecie, la decisione di rinvio è stata adottata senza che la FIFA e la UEFA fossero state prima sentite e avessero quindi potuto presentare argomenti ed elementi di prova relativi al rispetto di tali condizioni nelle specifiche circostanze del caso in esame.
Sulla questione della compatibilità con gli articoli 101 e 102 TFUE delle norme istituite dalla FIFA in materia di sfruttamento dei diritti sportivi, l’avvocato generale ritiene che, qualora potesse essere dimostrata una restrizione della concorrenza, occorrerebbe esaminare, successivamente, se tale restrizione sia inerente al perseguimento di un obiettivo legittimo e proporzionato ad esso, o se i comportamenti restrittivi soddisfino i requisiti per beneficiare di un’esenzione individuale od oggettivamente giustificata.
L’avvocato generale rammenta che il calcio è caratterizzato da un’interdipendenza economica tra i club, cosicché il successo finanziario di una competizione dipende anzitutto da una certa parità tra essi. Orbene, la ridistribuzione dei proventi dello sfruttamento commerciale dei diritti derivanti dalle competizioni sportive risponde a tale obiettivo di «equilibrio».
L’avvocato generale considera infine che, sebbene le norme in discussione nel procedimento principale secondo le quali l’istituzione di una nuova competizione calcistica paneuropea tra club è subordinata ad un sistema di previa autorizzazione siano idonee a limitare le disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà economiche fondamentali, tali restrizioni possono essere giustificate da obiettivi legittimi connessi alla specificità dello sport. In siffatto contesto, l’esigenza di un sistema di previa autorizzazione può risultare appropriata e necessaria a tal fine, tenuto conto delle particolarità della competizione prevista.