Dopo la sconfitta dell’Inter nella finale di Europa League, l’ex direttore della Juventus Luciano Moggi deve constatare come ancora una volta il nostro calcio, appena esce dai confini, rimedia schiaffi da tutte le parti.
Moggi si sarebbe aspettato qualcosa in più dai bianconeri campioni d’Italia e i quarti erano il minimo sindacale.
E allora “viene da chiedersi perché la Juve, dominatrice in Italia da nove anni, non riesca a prevalere all’estero. Probabilmente la risposta sta nei 31 gol di CR7 e certe strepitose partite di Dybala, a significare che in Italia si può vincere con la qualità di due o tre giocatori anche mancando il gioco di squadra che, però, è necessario quando si incontrano avversari europei più titolati”.
“Di Conte ci sarebbe da parlare tanto per le dichiarazioni soprattutto dopo le sconfitte, che non riesce a digerire. D’altra parte Antonio è un ragazzo troppo attaccato al suo lavoro, ha solo il difetto di dare la colpa ad altri per i mancati successi, mentre le vittorie sono sue e della squadra”.
Comunque vada, Moggi è del parere che “la cosa non può passare inosservata e le società d’ora in poi faranno bene a pretendere clausole penali in caso di dimissioni del proprio mister prima delle scadenze contrattuali. Non è infatti concepibile che un presidente faccia un progetto con un allenatore per tre anni, comprandogli tutti i giocatori richiesti, e poi si debba vedere abbandonato a metà del guado. Va da sè che la società può respingere le dimissioni, ma ha senso tenere un soggetto senza motivazioni a motivare una squadra?”
“Regna indubbiamente la confusione nelle regole per la contrattualistica di giocatori e tecnici. Peggio sicuramente per i calciatori, che hanno saldamente in mano la situazione del proprio avvenire”.
“E la dimostrazione ce la fornisce la Juve con Dybala e Higuain. Il primo, con un contratto per ancora due anni, chiede l’aumento e il prolungamento minacciando addirittura di emigrare, mentre il secondo, avendo trascorso un’annata poco felice, chiede il rispetto del contratto che lo lega alla Juve ancora per un anno, pronto a rifiutare qualsiasi trasferimento”.
Siamo quindi di fronte ad una contrapposizione di regole che “qualcuno” deve pur sanare per evitare salassi economici alle società. Naturalmente con l’aiuto e dell’Assocalciatori, che a suo tempo si era battuta per la dipendenza dei suoi assistiti, anche per evitare che i giocatori, oltre che dipendenti, diventino anche datori di lavoro di se stessi.