La controversia riguardante l’arbitraggio della partita Inter-Verona dello scorso 6 gennaio, in particolare per il comportamento degli operatori VAR sul secondo gol nerazzurro, segnato da una gomitata di Bastoni a Duda, potrebbe avere conseguenze legali.
L’avvocato Michele Croce, ex presidente di Agec (Azienda Gestione Edifici del Comune di Verona), di Agsm (vendita di gas naturale, energia elettrica e teleriscaldamento), e ex candidato sindaco di Verona, ha presentato una denuncia con protocollo 2024/0007599 presso l’Ufficio della Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Milano. La denuncia è rivolta ai signori Luigi Nasca e Rodolfo Di Vuolo, rispettivamente arbitro VAR e assistente arbitro VAR, per presunto reato di frode sportiva legato agli eventi avvenuti allo Stadio Meazza di San Siro a Milano durante la 19ª giornata di Serie A.
“Ero allo stadio con i miei due gemelli, Francesco e Lorenzo, di 15 anni. Per me è stata una partita importante perché era la prima volta che portavo i miei ragazzi fuori da Verona a vedere la nostra squadra del cuore, diciamo che era un primo appuntamento allo stadio insieme al papà. È stata una bellissima partita, ricca di capovolgimenti, con un bel Hellas in campo e – al di là di chi poteva perdere o vincere – la partita è stata emozionante”, il racconto del legale.
Poi l’epilogo…
“Ciò che è successo a tempo scaduto ci ha lasciato tantissimo amaro in bocca e nel viaggio di ritorno in auto, parlando di quello che era successo con i miei ragazzi e vedendo le immagini con i telefonini, ci era apparso subito incredibile quello che era successo. Questo mi ha portato a togliermi gli abiti del papà e ad indossare la toga di avvocato: già da quella sera ho subito pensato di studiare il caso per fare qualcosa, perché era talmente chiaro e univoco che ci fosse stata un’ingiustizia e ho discusso con i miei ragazzi per capire cosa poter fare”.
Le è saltata subito all’occhio la gomitata di Bastoni?
“No inizialmente non me ne sono reso conto perché i tifosi ospiti sono segregati nel terzo anello opposto rispetto a dove è avvenuto il fatto, pertanto non ce ne siamo accorti. Ci siamo resi conto solo dopo qualche minuto vedendo le immagini sui telefoni”.
Come è nata l’idea di presentare una denuncia in tribunale per gli addetti Var?
“L’idea di verificare cosa fosse successo sotto il punto di vista giuridico è nata in auto con i miei ragazzi che nella loro ingenuità mi avevano chiesto cosa si potesse fare davanti a queste ingiustizie. Dopo di che, tornato a casa ho iniziato a studiare e a leggermi il regolamento Var, nonché la normativa penale sulla frode sportiva cercando di capire se qualcosa potesse essere configurabile. Volevo capire se un’ingiustizia così grave potesse avere qualche risvolto. E l’esito positivo è arrivato domenica, anche a seguito di un confronto con dei colleghi penalisti”.
La ricevuta di accettazione della denuncia dell’avvocato Michele Croce
Qual è l’iter a cui andrà in contro la vicenda?
“Chiariamo che questo è il primo caso di denuncia per frode sportiva legato ad addetti Var. In passato ve ne sono state altre rivolte agli arbitri, alcune delle quali purtroppo si sono tramutate in condanne, ma questo è il primo caso in cui ad essere denunciati sono gli addetti al monitor. Io sono convinto che il Var sia uno strumento che non offra discrezionalità sotto alcuni profili, quantomeno a chi è chiamato a gestirlo, quindi – come recita il regolamento dell’Aia – i principi Var devono essere applicati in ogni gara. Ribadisco il ‘devono’: pertanto l’arbitro Var e l’assistente Var avrebbero dovuto richiamare l’arbitro in campo per verificare quell’episodio. Quello che si contesta penalmente come frode sportiva a Nasca e Di Vuolo è che su un episodio simile avrebbero dovuto richiamare l’arbitro di campo. Poi quest’ultimo avrebbe potuto prendere la sua decisione e valutarlo non influente, ma quello che non è sindacabile è che loro avrebbero dovuto richiamarlo davanti ad un accadimento così grave, con palla lontana”.
“Il fatto che poi ne sia scaturito un gol rende il tutto più grave, perché c’è proprio una regola specifica che impone questo richiamo all’arbitro in campo. Loro non l’hanno fatto e penso che questo rientri nella casistica della frode sportiva prevista dalla legge di cui all’art. 1, co. 1, L. 401/1989. Ritengo che ci sia reato penale perché questo episodio ha influito sulla gara: se fosse avvenuto al primo minuto o a metà di uno dei due tempi non sarebbe stato decisivo nell’influenza della gara, ma il fatto che sia avvenuto a tempo scaduto è assolutamente decisivo. Pertanto la frode sportiva generica c’è tutta: ora deciderà il giudice”.
Nasca era al Var in Juventus-Bologna quando Iling Junior atterrò Ndoye in area di rigore. Ed era al Var anche in occasione di Juventus-Verona, gara in cui Faraoni aveva accentuato un fallo di Kean dopo la rete incassata. In quel caso l’Aia decise di declassarlo in Serie B per un paio di partite. È possibile che si sia lasciato condizionare e questa volta abbia preferito non intervenire?
“Io credo di no, ma è una mia supposizione. Secondo me la responsabilità finale delle decisioni rimane sempre dell’arbitro in campo, quindi un arbitro Var deve richiamare sempre davanti ad episodi dubbi. Dopodiché ha esaurito il suo compito. Nel momento in cui richiama l’arbitro in campo, è quest’ultimo che poi ha la discrezionalità di valutarlo con vari replay, da varie angolature e con diverse velocità di riproduzione”.
“Quindi credo che come ha fatto al minuto 100esimo, quando forse avrà avuto dei sensi di colpa per ciò che non aveva fatto prima, doveva richiamare l’arbitro. Anzi il caso di Bastoni è molto più grave rispetto al calcio di rigore perché sappiamo che un penalty può essere segnato o sbagliato, ma dall’altro episodio è scaturito il gol e non è stato applicato il regolamento dell’associazione italiana arbitri. La lettura è univoca: lui e il suo assistente non potevano non richiamare l’arbitro e il fatto che sia avvenuto al minuto 93 è decisivo nella configurazione del reato”.
Fonte: Il Pallone Gonfiato