L’ex arbitro Paolo Casarin, interviene con un lungo editoriale sulle colonne del Corriere della Sera per spiegare come “il fuorigioco è sempre stato severo con gli attaccanti: un filtro per penalizzare i calciatori «cialtroni» che volevano giocare alle spalle della difesa avversaria”.
Oggi grazie alla tecnologia “con un forte investimento si è giunti a un limitato miglioramento grazie alla competenza degli arbitri al monitor”.
Casarin fa notare che sono “tante le variabili da considerare e un risultato incerto di oltre 10 centimetri che si potrebbe ridurre solo con ulteriori e discutibili investimenti. I due-tre minuti talvolta necessari per decidere sono la testimonianza della difficoltà di emettere la sentenza”.
L’esperto ex arbitro sostiene che “Bisogna cercare soluzioni coraggiose per il calcio raccogliendo i risultati dell’attuale lavoro umano-tecnologico sul fuorigioco, ma non sprecando il lavoro d’attacco delle squadre per i pochissimi centimetri dubbi che in fondo non danno vantaggi reali all’attaccante”.
“Cerchiamo i gol per migliorare il prodotto e poi paradossalmente li cancelliamo. Si tratta di riflettere se privilegiare, nelle decisioni dubbie, il righello o lo spirito. Talora sembra di assistere a una gara di atletica giudicata alla fine con estremo rigore, ma priva dell’allineamento corretto sulla linea di partenza”.