Il coro è unanime. Quella perpetrata ai danni della Juventus è un’ingiustizia.
Ne è convinto anche l’avvocato Cataldo Intrieri, milanista doc, che ai microfoni di Tuttosport ha commentato le motivazioni della sentenza contro la Vecchia Signora.
“E’ surreale. Ma lei pensi solo che il Ministro dello sport e il presidente della Figc stanno dicendo tutti i giorni che bisogna fare la norma sulle plusvalenze. La norma per cui la Juve è già stata sanzionata! E’ incredibile. Tutti dicono “la dobbiamo fare” ma qualcuno è già stato condannato. Ecco, se vuole il sunto della “supercazzola” che le ho fatto finora è questo”.
Sulle motivazioni, il legale sembra essere allibito: “E dunque sono arrivate 36 pagine di cui peraltro la motivazione è rappresentata da una ventina scarsa. Forse meritava qualche rigo in più. Comunque il punto fondamentale, la Corte non lo risolve. Dice, ma non spiega”.
“Hanno ammesso che non c’era la norma per punire, però: “siccome i documenti arrivati da Torino hanno aperto una realtà terribile di imbrogli e quant’altro, allora abbiamo cambiato idea”. Ecco, questa è una cosa che mi lascia perplesso. Questo è il dato di fondo ed è un problema che non hanno risolto. Ma non è finita”.
E poi, spiega Intrieri: “Ho visto che hanno condannato per l’articolo 4 unito all’articolo 31. Il comma uno dell’articolo 4 enuncia un principio, cioè il fatto che tutti bisogna attenersi alle regole di correttezza e lealtà. E’ un principio generico. Mentre non è contestato il comma 2 dell’articolo 4, che è quello che sanziona la violazione di questo principio”.
Domande lecite, quelle dell’avvocato di fede rossonera: “Perché non è indicato il comma 2? Perché all’epoca la Procura aveva ritenuto di contestare come reato specifico, insieme al principio di ordine generale, la falsificazione di documenti. Si tratta di un illecito amministrativo che prevede una pena pecuniaria”.
“Mentre invece per arrivare alla penalizzazione avrebbe dovuto contestare il comma 2 dell’articolo 31 che punisce la falsificazione di documenti contabili al fine di eludere le norme per l’iscrizione alle competizione sportiva. Cosa non fatta allora ma oggi annunciando una straordinaria novità: che la Juve era in condizione di insolvenza nel 2020 e non avrebbe potuto iscriversi al campionato successivo, ipotesi tutta da dimostrare almeno con perizie”.
La deduzione dell’avvocato: “Secondo me è accaduto che la Procura era partita da una diversa contestazione. Aveva cioè ritenuto che ci fosse stata una alterazione delle scritture contabili per la Covisoc e per i regolamenti sportivi. Ma poi ha ricevuto questa montagna di carte dalla procura, dunque Chiné si è reso conto di avere formulato una contestazione blanda. Non potendo aprire un nuovo procedimento (ci sarebbe stato il bis in idem) allora ha fatto l’istanza di revocazione forzando i termini: “siccome io ti ho contestato comunque l’articolo 4, allora tu Corte federale d’appello mi puoi applicare la sanzione al comma due. Ma in diritto esiste il principio di specialità per cui quando c’è una norma generica (art 4) e c’è una norma specifica (art.31), si applica la fattispecie specifica. Del resto è chiaro che falsificare viola i principi di lealtà, che bisogno c’è di contestarla 2 volte? Mica puoi mandare uno due volte sulla sedia elettrica”.
E infine sul ricorso al CONI: “C’è speranza? Secondo me sì. I termini di diritto sono questi: la violazione del principio di legalità e la mutazione del fatto. E ancora, un altro paradosso. Parti da una ipotesi più lieve e poi mi condanni a una ipotesi più grave utilizzando una documentazione che arriva dal giudice ordinario sulla quale ancora non c’è una valutazione del giudice ordinario stesso”.
“C’è un passaggio della sentenza in cui la Corte dice che non spetta al Giudice Sportivo sindacare le risultanze dell’indagine penale: ma se poi l’indagine penale dà interpretazioni diverse o non ammette le intercettazioni, come fai a rimediare all’utilizzo di prove che tu hai usato in maniera difforme dal giudice ordinario? No, non ci siamo. La giustizia sportiva va di gran carriera e deve decidere in 20 giorni vicende che richiedono anni. Beh, difficile parlare di principi di diritto”.