La Juventus potrebbe presto cambiare proprietà, o meglio, tornare nelle mani di Andrea Agnelli, se le indiscrezioni emerse nelle ultime ore troveranno conferma. Il passaggio avverrebbe comunque all’interno della famiglia, segnando il ritorno di un nome storico al comando del club bianconero. Fino a quando non ci sarà un annuncio ufficiale, ogni scenario resta ipotetico – anche se, va detto, ieri non sono arrivate smentite. Vista la quotazione in borsa della società, il massimo riserbo è d’obbligo, ma l’operazione avrebbe una sua logica sotto diversi aspetti.
Exor detiene il 65,4% del capitale della Juventus, con il 78,9% dei diritti di voto: il controllo, dunque, è saldo nelle sue mani. Tuttavia, il club non è più considerato un asset strategico per la holding. Non è nemmeno un “giocattolo di famiglia”, dal momento che Exor è una società quotata e deve rispondere agli azionisti di minoranza, i quali non vedono di buon occhio le perdite accumulate negli anni e i continui interventi per coprirle. Il processo di risanamento è in corso, ma procede a rilento perché va bilanciato con l’esigenza di restare competitivi sul campo. Inoltre, l’andamento sportivo incerto potrebbe rendere necessari nuovi investimenti.
John Elkann, che controlla Exor attraverso la holding di famiglia, ha un legame affettivo con la Juve, ereditato dal nonno, l’Avvocato, per il quale il club era una vera passione. Cederlo significherebbe spezzare quel filo con la tradizione, ma se la vendita avvenisse a favore del cugino Andrea, mantenendo il controllo in famiglia e con il nome Agnelli in primo piano, sarebbe un passaggio più accettabile.
L’operazione, tuttavia, non è priva di ostacoli. Essendo la Juventus quotata in borsa, occorre rispettare i diritti degli azionisti di minoranza. Attualmente, il club ha una capitalizzazione di 1,15 miliardi di euro, quindi la quota di Exor vale circa 752 milioni, senza contare il premio di controllo, che ne farebbe lievitare il prezzo. Difficilmente Andrea Agnelli potrebbe sostenere un esborso simile da solo, ed è plausibile che in questi mesi abbia lavorato per coinvolgere un gruppo di investitori, magari in partnership con fondi americani, sempre più interessati al calcio europeo.
Resta poi il nodo dell’Opa totalitaria: chi acquisisce almeno il 30% di una società quotata è obbligato a lanciare un’offerta pubblica di acquisto per tutelare gli azionisti di minoranza, tra cui Lindsell Train, la società di criptovalute Tether (entrata da poco) e il flottante. Tuttavia, la Juventus ha una struttura azionaria frammentata e potrebbe essere controllata anche senza superare il 30%, se Exor mantenesse una quota rilevante. Il rischio, però, è che la Consob possa considerare questa strategia un’azione concertata tra i principali azionisti, imponendo comunque l’Opa, con un costo ben superiore a quello teoricamente necessario.
Nei prossimi giorni – o settimane – la situazione potrebbe sbloccarsi, portando chiarezza su quello che si prospetta come uno dei passaggi di proprietà più delicati nella storia recente della Juventus.